Intervista a Roberto Magnani, ingegnere elettronico che ha di recente pubblicato un interessante volume dal titolo: Intelligenza artificiale. Guardiamo oltre (edizioni Ethos Job).
«L’intelligenza artificiale (AI) è creata da persone e incide sulle persone. Questa è la nostra responsabilità». (Fei-Fei Li)
Fuori discussione che l’AI sta rivoluzionando il mondo del lavoro, automatizzando molte mansioni ripetitive e migliorando l’efficienza operativa. Non possiamo fare finta che la sua corsa impetuosa, non ci riguardi da vicino. Alan Turing disse che se ci aspettiamo che una macchina sia infallibile, essa non potrà mai essere anche intelligente. In questo modo un po’ ci consoliamo.
La tecnologia eredita dal passato un utilizzo sbilanciato di internet e del mondo digitale, molto apprezzata all’inizio e poi degenerata grazie a chi ha saputo creare situazioni di dominio, prima commerciale ma che, grazie alle tecniche di AI sta riscontrando un impatto negativo a livello sociale e antropologico, perché esercita un forte potere di controllo sulle persone. Solo pochi privilegiati potranno trarne benefici e questa possibilità è discriminante.
Questa trasformazione sta evidenziando anche la sostituzione di alcuni lavori, sollevando importanti questioni sul futuro dell’occupazione. Sono a rischio le professioni che richiedono attività di routine, come lo scambio di informazioni, la vendita e certe attività manuali. Dove andremo a parare?
Questo fenomeno non è nuovo; già durante la rivoluzione industriale, economisti come Keynes avevano formulato la tesi della “disoccupazione tecnologica”. Per contenere i rischi associati all’automazione, è essenziale investire nella formazione e nella riqualificazione dei lavoratori. Si deve promuovere l’apprendimento continuo e l’adattamento alle nuove tecnologie, garantendo che i lavoratori possano sviluppare le competenze necessarie per prosperare in un mercato del lavoro in evoluzione.
Ognuno, nel suo piccolo, può fare la sua parte. Documentandosi, facendo sentire la propria voce. Per non considerare il futuro come ineluttabile e già scritto da altri”.
C’è la possibilità di opporsi al dominio incontrastato di grandi potenze come USA e Cina sui sistemi di applicazione dell’AI?
Siamo europei e dobbiamo creare alternative ai modelli imperanti intorno a noi per generare benessere e benefici economici per tutti. Ci troviamo all’inizio di un percorso affascinante e sfidante, seppure lungo e impegnativo. Abbiamo tra le mani un’opportunità da sfruttare per superare divisioni e per maturare in conoscenza, consapevolezza e competenza.
A ciascuno e a tutti insieme è chiesto di accrescere la nostra capacità di visione globale, di aprirci al futuro, un futuro che possiamo costruire su misura dei nostri convincimenti e del nostro patrimonio culturale e sociale condiviso a livello europeo, agendo con consapevolezza, trasparenza e giustizia. Pensare che non ci siano altre chance se non quelle che ci vengono prospettate da modelli precostituiti, è sbagliato. Anche noi europei abbiamo la possibilità di progettare e perfezionare tecnologie che possono diventare competitive e quantomeno complementari a tecnologie che troppo spesso ci vengono presentate come le uniche disponibili, che ci esonerano dal capire, dal sapere. E dal saper scegliere. Il senso di dignità e l’amore per la libertà ci devono accompagnare nel viaggio che ci si apre dinanzi. Sarà lungo, irto di pericoli, come sono i veri viaggi.
Insomma, se «il futuro dell’intelligenza artificiale non è solo nelle macchine, ma nel modo in cui queste macchine possono aiutarci a risolvere problemi umani» (Fei-Fei Li), sta all’uomo imparare a conoscere l’AI a suo vantaggio, senza lasciarsi mai condizionare o peggio, sovrastare.
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